martes, 12 de mayo de 2015

SILVIA BRE [15.934] Poeta de Italia

Foto di Dino Ignani sito www.dinoignani.net

Silvia Bre

Nació en Bergamo, Italia en 1953. Ha publicado el poemario I riposi (Rotundo, 1990) y Le barricate misteriose (Einaudi), que ganó el premio Montale. En 2007 publicó el libro Marmo (Einaudi), ganador entre otros, del Premio Viareggio. Para las ediciones nocturnas publicados en 2006 "Sempre perdendosi", éxito que trajo al teatro Alfonso Benadduce. Ha traducido, entre otras, Il Canzoniere di Louise Labé (Mondatori 2000) e Centoquattro poesie di Emily Dickinson (Einaudi 2011). 






NO HAY COSA que yo digo que no diga
que yo vivo otra vida que es más viva
de esta misma mía que vivo y digo.
Es como estar un palmo bajo la tierra,
entre semillas que tal vez florecerán—
un poco más abajo es donde yacen los muertos
pataleando eternamente más allá de la vida.
Y allí permanezco muda: espero,
sigo esperando, todavía espero,
no me detienen ni el sol ni la luna,
hasta que llegue el verde y cubra todo
hasta mi corazón abierto a la gran vista.
Parece ser así la dicha dura
de un ermitaño en la cima de una columna 
en el desierto.

VERSIÓN DE JEANNETTE L. CLARIOND




NON C’È COSA ch’io dico che non dica  
ch’io vivo un’altra vita che è più viva 
di questa stessa mia che vivo e dico. 
È come fosse un palmo sottoterra,  
tra semi che magari fioriranno – 
un po’ più sotto è dove stanno i morti 
a scalciare in eterno oltre la vita. 
E lì io me ne resto muta: aspetto,
continuo ad aspettare, aspetto ancora,  
non mi fermano il sole né la luna, 
fino a che arrivi il verde e copra tutto 
fino al mio cuore aperto alla gran vista.  
Pare che sia così la gioia dura 
d’un eremita in cima a una colonna 
nel deserto.






DÍAS

Mientras las abejas, las hiladas de la uva, el calor,
los manojos de albahaca, las miradas,
los cuatro girasoles y el pensar,
los mosquitos, el aire de menta, todo
va directo a deshacerse en las alturas

en tanto nosotros estamos en paz
bajo el olivo más viejo del huerto—
cuerpos, para retener aquel encanto.
Nadie jamás tocó el tema.

VERSIÓN DE JEANNETTE L. CLARIOND




GIORNI

Mentre le api, i filari dell’uva, il caldo,  
i ciuffi di basilico, gli sguardi,  
i quattro girasoli e il pensare,  
i moscerini, l’aria di menta, tutto  
se ne va dritto a sfarsi verso l’alto  

noi intanto ci lasciamo stare 
sotto l’ulivo più vecchio dell’orto – 
corpi, per trattenere quell’incanto. 
Nessuno ha mai toccato l’argomento.





Si nuestro lugar es donde

Si nuestro lugar es donde
el silencioso mirarse de las cosas
necesita de nosotros,
decir no es saber, es la otra vía,
siempre fatal, de ser.
Tal la geografía.
Se está así en el mundo,
pensativos aventureros de lo humano,
se es la forma
que se forma ciegamente
en su decir de sí
por vocación.

La fine di quest'arte, Einaudi, Turín, 2015
Versión de Jorge Aulicino



Se il nostro luogo è dove
il silenzioso guardarsi delle cose
ha bisogno di noi
dire non è sapere, è l'altra via,
tutta fatale, d'essere.
Questa la geografia.
Si sta così nel mondo
pensosi avventurieri dell'umano,
si è la forma
che si forma ciecamente
nel suo dire di sé
per vocazione.





Le Parole 

L evigata costruzione di consapevolezza è la sua poesia, che porta la nostra febbre interiore a riflettere su questo mondo delirante che solo una nuova visione può salvare. 
L a sua poesia è questa ricerca, questa voglia di trovare con la sua voce tesa e ferma, l'urlo di una risposta nuova, che da dentro "occhi ignoti sa entrare, dentro ai nostri occhi di pietra". 


e qui dove io sono io non sono 
che la pace profonda di me stessa 
e non so più che sono 
e nemmeno un pensiero che mi venga 
in questo luogo astratto della storia 
per quanto lieve volli la mia vita 
mai quanto volli lieve la mia morte 
e ormai che sono qui 
io sono quieta 
soltanto 
a volte 
come fosse in sogno 
sento due occhi ignoti 
entrare 
dentro i miei occhi di pietra. 

Marmo (Einaudi) 





Le barricate misteriose (Einaudi) 

da Passi 

Q uali ripari vado immaginando… 
È dove non s'avverte che universo 
remoto al mio dolere e le sere 
farsi previsione sterminata, case 
libere al vento. Sono le illuse strade 
dove la fortuna d'un momento 
sparendo mi ritrova e io m'accendo 
alla più magra luna senza cielo: 
con tanti minuscoli bagliori 
si fa il sereno d'una notte. 
Così il tempo mi svola, le ali accosta 
nella fine di una lucciola stanca 
a cercar sosta – ma pure i fili d'erba tra le rovine 
sono contenti della primavera 
e per la quercia grande che m'invento 
s'allunga in belvedere una finestra 
via dal deserto, e l'ombra piove, 
come se fossi già quel che divento. 





da Edere 

A scolta, un viale avevo 
di sterminate rose 
da guardare la sera, 
cieli di viole 
che l'edera rampava a grandi tele, 
avevo corde amorose. 
E guarda adesso 
com'è tutto raccolto in un mirino, 
che finalmente la mia strada ho perso 
nel mondo delle cose 
e mi sento salire rami nuovi 
e il cielo ce l'ho steso sulle dita 
e amo, e mi rinchiudo 
tutta nella vita. 





da Il parco 

I o vado destinata a un sentimento 
che ha la forma del parco che ora vedo, 
e ciò che vedo è il viale in cui l'inverno 
è rami, pietra, acque, tramontana, 
e passi di una donna che cammina. 
Ma per come procede e come leva 
lo sguardo secolare sulle foglie, 
lei è la specie, a lei torna la rima 
nella quale riposa il mondo intero – 
così la qualità del giorno vaga 
continuamente tra le parole e il cielo. 






Marmo (Einaudi) 

da L'argomento 

T utto l'essere qui 
non viene detto – 
resta da solo in noi 
già benedetto 
se solo lo si lascia respirare 
vagamente 
come un fiato continuo dentro un flauto 
con noncuranza 
come un verso un cielo non guardato. 





da La figura 

O gnuno vuole avere il suo dolore 
e dargli un corpo, una sembianza, un letto, 
e maledirlo nel buio delle notti, 
portarlo su di sé tenacemente 
perché si veda come una bandiera, 
come la spada che regala forze. 
Ma c'è persa nell'aria della vita 
un'altra fede, un dovere diverso 
che non sopporta d'esser nominato 
e tocca solamente a chi lo prova. 
È questo. È rimanere 
qui a sentire come adesso 
l'onda che sale nelle nostre menti, 
le stringe insieme in un respiro solo 
come fosse per sempre, 
e le abbandona. 
Ma nemmeno la pupilla d'un cieco 
dimentica l'azzurro che non vede. 





da L'opera dell'arte 

C he baci appassionati 
si danno di nascosto le tue rime 
quale piacere stringe tra loro i versi 
è godimento avere in bocca il senso 
da capire. 
(È sera, dico le tue poesie 
confesso lenta al buio 
brevissime bugie. 
Così è l'incontro, 
nel tempo che s'arrende 
e mentre la rete larga 
della grammatica 
della poca sintassi 
si rapprende 
nell'impressione acuta 
d'essere vicini 
forse è da qui che passa 
semmai ne esiste una 
la storia impensabile 
della letteratura). 






Sempre perdendosi ( Edizioni nottetempo) 

Sebastiano 
Poiché il cielo è così alto io sono un servo: 
è giusto non dormire. 
La gola è stretta, da intonare all'urlo, 
dentro ho la vocazione maledetta. 
Ma mi confondo 
con tutto questo sonno. 
Amo senza capire. 
E' non capire, che amo fino in fondo. 
Mi spoglia 
mi porta in giro sanguinante. 
Lo spazio che mi cerca e che mi strozza 
è un movimento andato 
dove mi trovo infermo 
nella malinconia d'essere altro. 
Io vengo deportato 
vengo allo sguardo. 
Meno non posso. 
Essere qui col corpo, col dolore, 
tutto ferito, pronto al mio assalto, 
a un altro finire ancora dietro l'altro. 
Silenzio 
Ecco, mi scordo, mi slego - 
sarà lo smarrimento a suggerire 
quasi una formula, un confine, 
forse una frase sola che sia tutto, 
un'eleganza 
che vanti fino al nulla questo lutto. 
Mi perdo 
per un'arte che raduna 
e rallenta ogni gesto in una forma 
e in ogni forma il gesto che saluta. 
C'è dello spazio negli occhi da riempire 
e nella mente occorre una parola 
da ridire con le labbra nella notte 
fino a quando la notte si rovescia. 
Così gira una ronda innamorata 
così canta quel coro che s'ammira. 
Si è parte 
dentro una belva che si sfama. 
Ah, mi fa stare qui, a cantare il coro - 
che l'ultimo volere 
sia questo stringersi nell'ultimo tono 
come un filo che pende nel pensiero, 
che si insegue perdutamente, 
che ci dimentica. 
Colpo 
Qui io magistralmente scongiuro di morire – 
finché mi tocca sfondo la mia scena, 
la svesto, la depongo 
con dentro tutto il sonno da dormire. 
Faccio di meno intanto 
faccio a meno 
abbasso la pretesa, mi riduco – 
la vastità immisurabile del luogo 
forzata nella vastità della mente, 
nella tenuta stagna delle parole. 
Ma non è vero – 
è così che si muore 
ve lo dico: sempre perdendosi 
per sempre. 
Beati voi che dormite. 
Un cuore invece batte a sangue, 
sa il mio nome. 
Nessuna faccia smetta di infierire, 
va in cerca pure lei della sua fine 
oltre la pelle 
in me che sono vuoto, 
nell'anima del corpo 
tra i muscoli, tra i nervi 
che si fanno da parte, 
nel buio ostinato della vita 
che rinchiude la morte. 
È a me che lo fa dire, 
a un disgraziato, al servo – 
mi tortura il respiro 
lo sorprende, lo scuote, 
che io rimanga sveglio! che io gridi… 
Così un altro rinvio 
eppure addio, addio 
addio sempre. 





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