viernes, 17 de abril de 2015

JACOPO RICCIARDI [15.653] Poeta de Italia


JACOPO RICCIARDI 

Nació en 1976 en Roma, Italia, donde vive y trabaja. Ganador de varios premios. 

Ha publicado siete libros de poemas -Intermezzo IV (Campanotto, 1998), Ataraxia (Manni, 2000), Atòin (Campanotto, 2000), Scultura (con Teodosio Magnoni; Exit, 2002), Poesie della non morte (con Nicola Carrino; Scheiwiller, 2003), Colosseo (Anterem, 2004), Plastico (Il Melangolo, 2006), Scheggedellalba (con Pietro Cascella; Cento amici del libro, 2008)- 

Está presente en la antología "Brand new poesía italiana" (Knopf, 2005) por Maurizio Cucchi y Antonio Riccardi.



De Plastico (Il Melangolo, 2006)


y la escritura es densa
en el cuerpo de las cosas, yo
sé dónde me encuentro, ahora,
porque sé dónde se encuentra
la escritura, como sangre filtrada
en el objeto, ella comienza a
habitar las cosas del mundo,
es ella la que se transforma,
la que se desarrolla, delante de
mi, llevada en la punta o
en el margen de esta línea
que se frena aquí, y 
que procede, tocando con más
fuerza la mirada, tenso verso
el folio, la escritura atraviesa
el ojo, y sola como
una imagen en la mente, la
imagen tiene la forma de
un texto, ya creado, que
dice desvanecerse con el ojo
la mirada en las cosas, y
permanece un conjunto de escritura
en aquel lugar como un
objeto, al borde del agua
en el margen, en el pelo
oscuro y denso donde se
enredan las estrellas, en el cráter
negro y secreto, en la idea
tranquila apoyado como un vaso
en el borde del balaustre, al
aire libre, tú miras el
rojo de la puesta de sol
que despunta, la estancia amarilla iluminada
por el ocaso, las montañas como
sombras celestes, la vida se
despliega, irrumpe abriéndose con 
sus alas hasta la materia
del ojo, refiere al
futuro su secreto inencontrable,
y el sol es más
amarillo cerca del horizonte, y
la estancia blanca con su
sombra y las montañas
son las colinas de
verde tan oscuro, y la
bahía donde el agua tranquila
oscila plácidamente sobre sus márgenes,
y es ya memoria de
nuestras dos manos estrechadas
entre nosotros, con la
mirada revuelta, cada uno salimos
al paso de lo que toca
aquel último rallo de sol,
más verdadero, sin tiempo, sin
espacio, el rallo aquel 
que enviste la luz,
vuelve a pasar y termina
en el mismo punto, en la misma luz,
y nada más se apaga,
mar coloreado de mar,
luz elíptica, sobrepasa la escritura
la escritura, incluso las estrellas,
todo está iniciado, igual

Traducción: Pablo López Carballo






Poesia scritta ad un altro poeta

Il mondo è bianco e tu rimani a lungo nella sua onda.
La voce si calibra come lacrima; la tua mente beve la distanza alta.
Le tue parole penetrano a fondo nella prima ombra.
Lungamente il silenzio si ricorda di me infine.
Le domande del cielo e del sole io voglio con me.
Cedo, ancora, alla pazienza della terra.


*


Svegliami nel tempo adulto e uccidimi.
Lascia che crolli, ancora, l'intero reame delle nuvole,
che mi riporti qui, nei sensi e nel mio nome di cielo: d'ombra e di cielo.
Lascia che guardi il sole alzarsi sull'alto muro delle nuvole
fin qui.
           Un intero reame, di sole, d'ombra e di luna, racchiude il nome;
un intero sogno esplode fin qui.
                                                   Aiutami a capire
il cerchio paralizzante e nudo delle stelle.
                                                         Da qui non mi muovo,
da qui chiamo L'intera uccisione del mondo.
                                                                   Da qui
il pianto più bianco del sole sulle nuvole.
                                                        Ora sono migliore,
nel canto, nel canto e nella vita; nel canto, nel cuore, nel tempo.
Il sogno procede e muore; vive, immerso nell'aria più bianca, per me,
senza peso.


*


              Dal mondo e da tutto chiedevo aiuto, e da te l'ho avuto
per intensità di tempo solare, da te, sommerso di neve, fino all'incanto
del cielo, fino al colore dell'ultima sua tentazione
portata su questa terra. Di te mi accontento, di tutto, e di me;
dalla neve al bordo della strada che mi sommerge ancora,
al respiro lontano e pesante della città arrivata fin qui per
una forza infinita.
                         E lascia che inizi da qui, dal cielo e
dal silenzio, che carichi questa arma muta tra le mie mani,
e mi uccida, ancora una volta per vivere.
                                             Lascia che con
questo bianco di neve bruci la mia mente, ancora, per vedere,
per avere il tempo, e il mare, sopra di me, e sotto di me.
                                           Con
le nuvole mi uccido, col senso ultimo delle nuvole.
                                                                   Perdere
la strada, perdere la strada, per riavere la mia, un'altra vita, un'altra vita,
per favore, ancora.
                              Di nuvola e di sole muoio,
in forma di mare mi risveglio, nella forma dell'ascolto più intenso
mi rivelo,
                        d'acqua ascolto il richiamo
                                            forse, una nuova tentazione
mi fa amare, ancora.


*


Una croce di neve: non posso più scordare il sapore del vento lontano
bermi come acqua, e dimenticarmi ancora, per un ultimo più intenso affetto.
La memoria delle cose dette fin qui, la memoria delle cose non dette ancora
mi ha riportato in vita.
Non voglio chiedermi altro, oggi, per te, che questa infinita onda
che passa oltre di me, che spinge il mio sangue, che bianca, costante,
senza peso, lo beve.
                          Nessuna distanza nella neve, ogni distanza nella neve.
L'aria scivola volentieri nella mia giovinezza mentre la taglia. Eccola
la mia giovinezza, la mia maturità, posso sentirla ora.


*


Entro nella città e mentre cammino taglio tutti i tronchi di una fitta foresta di larici.
Il loro colore fa invidia alla luna mentre entro nella città.
Il cielo si invade come farebbe, esattamente, con la luna più chiara.
E cammino per entrare nella città e mi porto dietro pesanti tronchi di luna
abbattuti solo per me, da me stesso, contro ogni volto che entra schiavo
nel mio sguardo.



*
                     

                Bocche come radici rosse di larici rossi.
Occhi come specchi inventati di cielo. I sentimenti sono rapidi e salvi nei loro petti.
La loro memoria è bruna, bella, talmente bella;
e chiedo una porta di stelle roventi: dietro le mie spalle, fino a toccarle,
una foresta di larici rossi rinasce in ogni volto; poi muore il rosso dei larici rossi
e scivola il crepuscolo azzurro del cielo, davvero, oggi, fino a farci svenire in un mondo di sete,
ben lontano da questo che mangia le vostre vite.



*


Lo spettacolo di larici rossi, ovunque, si riempie di neve.
Il sole falcia le cime, così fresche, in cima ai vostri occhi; e ai miei
decide la notte.

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Jacopo Ricciardi è nato nel 1976 a Roma dove vive e lavora.
Ha curato dal 2001 al 2006 gli eventi culturali PlayOn per Aeroporti di Roma (ADR) e ha diretto la collana di letteratura ed arte Libri Scheiwiller- PlayOn.
Ha pubblicato diversi libri di poesia: Intermezzo IV (Udine, Campanotto, 1998), Ataraxia (Lecce, Manni, 2000), Poesie della non morte (con cinque decostruttivi di Nicola Carrino; Milano, Scheiwiller, 2003), Colosseo (Verona, Anterem Edizioni, 2004), Plastico (Genova, Il Melangolo, 2006), Il macaco (Salerno, Arca Felice, 2010),  Mi preparo il tè come una tazza di sangue (Ibid., 2012) e due romanzi Will (Udine, Campanotto, 1997) e Amsterdam (Roma, PlayOn, 2008).
Suoi versi sono apparsi nell'antologia Nuovissima poesia italiana (a cura di Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi; Milano, Mondadori, 2004) e sull'Almanacco dello specchio 2010-2011 (Ibid., 2011), e su numerose riviste.
Ha partecipato con sue poesie a due libri d'artista, Scultura (Exit Edizioni, 2002 – con Teodosio Magnoni) e Scheggedellalba (Cento amici del libro, 2008 – con Pietro Cascella).
Ha collaborato con Il Messaggero in una rubrica di letteratura a lui dedicata: Passeggiate romane.
E' inoltre artista ed ha al suo attivo diverse mostre personali a Napoli (2010), Roma (2010),  Milano (2011) e collettive
Scrive di arte su Flash Art online e nella rubrica Narrazioni ad Arte sul sito Art a part of cult(ure).










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